L’enigma dei manoscritti di Nag Hammadi

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Veröffentlich am: 20.09.2025, 11:14 Uhr
Nel 1945, dei contadini egiziani vicino a Nag Hammadi trovarono una giara contenente 13 codici rilegati in cuoio, con oltre 50 testi antichi. Scritti in copto, includevano vangeli gnostici come il Vangelo di Tommaso e il Vangelo di Filippo. La scoperta rivoluzionò la comprensione del cristianesimo primitivo, rivelando credenze molto diverse dall’ortodossia. La loro ricomparsa dopo secoli di silenzio, come una vincita imprevedibile al casinò ***** o l’esito casuale delle slot, sembrò quasi miracolosa.

Gli studiosi datano i manoscritti al III–IV secolo d.C. Presentano una visione del cristianesimo che mette in risalto la gnosi — conoscenza interiore — più che l’autorità esterna, e la salvezza come scoperta di sé. Uno studio del 2016 della Harvard Divinity School ha sottolineato che questi testi mostrano quanto fosse diversificato il pensiero cristiano prima che il canone venisse fissato. Il Vangelo di Tommaso, per esempio, ritrae Gesù come maestro di saggezza nascosta, più che come salvatore sacrificato.

La loro influenza continua oggi. Nel 2020, un thread su Reddit con 30.000 commenti discusse se la soppressione dei testi gnostici fosse motivata da ragioni politiche. Un utente scrisse: «La storia è scritta dai vincitori — Nag Hammadi ci mostra che anche i vinti avevano voce.» Sui social media, citazioni del Vangelo di Tommaso circolano ampiamente, spesso come alternative spirituali alla religione dominante.

L’enigma dei manoscritti di Nag Hammadi risiede nel loro potere di destabilizzare i dogmi. Mostrano che il cristianesimo non fu mai un monolite, ma un insieme di idee concorrenti, spesso represse. La loro sopravvivenza ci costringe a riconsiderare i confini tra fede e conoscenza.

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